Riflettere sul tempo è come aprire il vaso di Pandora, inviato da Zeus per vendicarsi del furto del fuoco che Prometeo aveva donato agli uomini (Esiodo, Le opere e i giorni, Teogonia). Come il fuoco nel mito doveva rimanere di proprietà esclusiva degli dei, così il tempo sembra dover rimanere inaccessibile all’umano intelletto per qualche misteriosa preclusione. La contraddizione, malattia mortale del pensiero, colpisce a ogni passo l’indagine sulla natura del tempo, anche la più serrata e rigorosa. Aporie e contraddizioni − come i mali inviati da Zeus che Pandora vinta dalla curiosità lascia fuggire aprendo il coperchio del vaso − affiorano dall’abisso del tempo esplorato da un intelletto temerario. Non più segreta, ma neppure disvelata, la natura del tempo sembra poter essere compresa non in sé stessa, ma mediante la categoria opposta a quella del divenire: l’essere immutabile. La lettura del famoso articolo di John McTaggart, The Unreality of Time (1908) che feci nei primi anni ’90 del secolo scorso fu la sfida che mi incoraggiò a ritornare sul tema del tempo negli anni successivi, in articoli, saggi e recensioni. Raccolgo in questo volume la maggior parte di questi scritti, dove ho discusso a più riprese la consistenza delle teorie filosofiche, delle categorie e dei modelli di interpretazione dell’esperienza temporale e del corso storico.
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