Un’avventura culturale e scientifica straordinaria, quella di Giuseppe Botti (1889-1968), nato a Vanzone con San Carlo, all’estremo Nord del Piemonte (primo di dieci figli): partendo dalle ricerche sul dialetto del paese d’origine, divenne uno degli egittologi italiani più importanti del suo tempo, distinguendosi come pioniere nell’arduo campo degli studi sull’antica scrittura demotica – fu il primo demotista italiano. Dal Monte Rosa al Museo Egizio di Torino, ove si formò alla scuola dello Schiaparelli, sino al Museo Archeologico di Firenze, nel quale divenne Curatore della Sezione Egizia, per giungere infine alla Cattedra di Egittologia dell’Università “La Sapienza” di Roma (vinse il primo concorso bandito in Italia per una Cattedra di tal genere), il Botti è stato Maestro di una lunga schiera di egittologi che oggi costituiscono l’apice del sapere in questa elitaria disciplina. Numerose le sue pubblicazioni di grande prestigio, tra le quali Cataloghi di Musei o di intere Sezioni Egizie, come quelli di Cortona, Parma, del Vaticano e, in ultimo, il Catalogo con cui il Museo Egizio di Torino inaugurò la collana delle pubblicazioni inerente i “Monumenti e Testi” (l’archivio demotico da Deir El-Medineh). Dopo quasi dieci anni di ricerche nelle biblioteche e negli archivi di Università, Soprintendenze, Accademie, collezioni private, Centri di ricerca italiani ed esteri, il pronipote Marco – tramite una narrazione precisa e al contempo fresca e coinvolgente – è riuscito a far rivivere la figura del suo avo, oggi largamente dimenticata, grazie anche alla pubblicazione di numerosi documenti inediti e alla raccolta di importanti testimonianze di egittologi e studiosi che lo conobbero e che poterono apprezzarne le singolarissime doti intellettuali e umane.